INTRODUZIONE
Il caso del piccolo Hans è la storia della malattia e della guarigione di un bambino di cinque anni in cui Freud ha tracciato le linee generali del trattamento che è stato però eseguito dal padre del piccolo paziente.
In questo caso Freud dà solo delle raccomandazioni al padre del bambino, salvo intervenire di persona una volta sola.
Questo caso risulta essere di estremo interesse clinico in quanto prima di allora non si era mai pensato di poter sottoporre un bambino così piccolo al trattamento analitico; infatti la modalità con la quale è stato condotto il trattamento, è stata volta perlopiù alla scoperta della complessità dei moti inconsci della sessualità infantile, nonché alla convalida delle teorie freudiane che il padre di Hans conosceva e apprezzava.
Le prime comunicazioni di Hans risalgono all’epoca in cui egli aveva tre anni circa e mostrava un forte interesse per quella parte del suo corpo che era solito chiamare fapipì. Successivamente il suo interesse diviene sempre più esteso, il piccolo inizia ad interessarsi al fapipì della madre, del padre, degli animali, degli amici dei giochi, della sorellina Anna.
Il grande avvenimento nella vita di Hans dice Freud, è riscontrabile nella nascita della sorellina Anna, è infatti a partire da questo momento che il piccolo paziente si interrogherà molto sulla differenza degli organi sessuali maschili e femminili, oltre a mostrare comportamenti ambivalenti nei confronti della nascitura.
Nei mille racconti fantastici di Hans è possibile riscontrare un forte attaccamento verso tutte le amichette di giochi, evidenziando in ciò una forte complicità di tipo erotica.
Dal momento che, nel seguire il caso Freud intravede che si tratta di una complicazione rispetto all’entrata nell’Edipo, interviene in modo diretto dicendo al piccolo paziente che è proprio a causa di questo forte amore per la madre che egli aveva contratto la sciocchezza. Traccia quindi in quell’istante la linea generale del trattamento, ossia fa si che il bambino reagisca a tutto questo con la proliferazione di temi fantastici. La fobia riaffiora con maggior vigore ed in questo modo Freud fa entrare Hans nell’Edipo.
Ci saranno numerosi racconti di Hans e saranno perlopiù interpretati dal padre del paziente riferendosi quindi alle conoscenze derivanti dalla lettura dei testi di Freud.
Freud inoltre seguirà con attenzione i punti salienti di questa fobia evidenziando che il suo sviluppo non fa altro che fornire ad Hans la possibilità di uscita dall’Edipo. Negli ultimi racconti di Hans, Freud rimane sorpreso positivamente in quanto intuisce che questi riguardano il tema della castrazione, tema essenziale per il tramonto dell’Edipo.
Molti anni dopo Lacan riprenderà questo caso, prestando una meticolosa attenzione a tutto ciò che è detto da Hans in quel periodo. In questo senso metterà in ordine tutti i fantasmi di Hans non sforzandosi di comprenderne il significato metaforico, ma prendendoli “alla lettera”. Presta attenzione ai significanti e alla loro trasformazione con il procedere della fobia. Indica inoltre in che modo Hans reagisce alle comunicazioni del padre e di Freud, attraverso la creazione di nuovi fantasmi. Ma senza dubbio l’attenzione al significante che Lacan presta è tesa a mettere in evidenza il significante primo, ossia la metafora paterna. Lacan infatti leggerà questo caso proprio a partire dalla metafora paterna che, con l’esercizio della sua funzione, fa si che il bambino può accedere ad una dimensione simbolica. È questo secondo Lacan il tramonto dell’Edipo che Hans ha solo intravisto ma mai assunto definitivamente.
DALLA TEORIA OGGETTUALE ALLA CREAZIONE DEL SINTOMO FOBICO
L’analisi del caso di Hans è inserita nella seconda parte del seminario IV, seminario in cui Lacan si occupa della relazione oggettuale. In questo seminario Lacan critica la dialettica intersoggettiva tra madre e bambino in quanto chiama in causa un terzo elemento, il fallo, che viene ad inserirsi al centro della relazione. In questa ottica la relazione è essenzialmente una relazione a tre: madre – fallo – bambino. Questo terzo elemento, dice Lacan, fa la sua comparsa e regge il gioco della relazione sotto forma di mancanza, è per questo che la relazione d’oggetto è regolata dalla mancanza d’oggetto. Lacan quindi costruisce la teoria della mancanza a partire dal desiderio della madre come donna, e, da qui, egli andrà ad elaborare le differenti modalità di relazione che il bambino ha con questa mancanza del fallo della madre. La prima tappa di questa relazione è dominata dal gioco dell’esca, il bambino offre in questo modo alla madre l’oggetto immaginario del fallo. In questo gioco viene preso di mira qualcosa che c’è e al tempo stesso non c’è, qualcosa che esiste finchè rimane nascosto.
Il bambino all’inizio crede di essere amato per quello che è in quanto tale. Nel gioco dell’esca quasi intuisce la presenza di questo fallo immaginario per cui egli stesso è preso, ma per continuare a soddisfare l’amore materno e a soddisfarsi di tale amore, continua a perpetuare tale gioco. Questo gioco è un gioco del tutto immaginario in quanto il bambino per la madre è l’immagine del fallo.
Questo desiderio del fallo della madre deve condurre il bambino alla scoperta di questo aldilà, ossia la mancanza dell’oggetto materno.
È a questo punto che Hans cerca il fallo nella madre, vuole scoprire dov’è veramente. Ecco perché irrompe tutta la sua curiosità rispetto al fapipì della mamma, del padre, del leone ecc.
Ad un certo punto, però, due avvenimenti faranno sorgere l’angoscia in Hans, ossia il turgore che egli prova ai suoi genitali e la nascita della sorellina Anna. Quindi, mentre prima egli era il fallo immaginario della madre, adesso, dice Lacan, sente attraverso l’erezione del suo pene la possibilità di poter colmare il desiderio della madre con il suo pene reale. Ma questo pene è interdetto dalla madre che dice: è una porcheria. Inoltre questo è un pene insufficiente, è questo che fa sorgere l’angoscia in Hans, unitamente alla nascita della piccola Anna che farà sentire Hans fuori gioco, rifiutato dall’amore materno. Ecco l’insorgere della fobia che tenta di arginare l’angoscia che si trasforma in paura per il cavallo, mettendolo al sicuro dall’angoscia di una madre insaziabile, quindi divorante.
Tutto questo è gravato dal fatto che non c’è presenza della metafora paterna che aiuterebbe il bambino a simbolizzare la mancanza della madre, ad arginare la sua l’insaziabilità.
È in questo senso che Hans vivrà in prima persona la castrazione materna con tutto il suo peso divorante, che trasformerà nella paura che i cavalli cadano e che i cavalli mordano.
Lacan a questo punto chiarisce in che modo il bambino può abbandonare il gioco immaginario fallico per poter accedere ad una dimensione simbolica. Ciò avverrà grazie alla presenza del padre che colma il desiderio della madre.
Da qui il passaggio dalla castrazione materna divorante alla castrazione paterna che vieta, che instaura la proibizione all’incesto, fondamentale affinché il bambino possa simbolizzare questa mancanza e successivamente accedere lui stesso ad una dimensione paterna, potendo quindi soddisfare e godere di una donna.
VERSO UNA METAFORA PATERNA
Lacan apre il capitolo sulla castrazione affermando che essa è il segno del dramma dell’Edipo, così come ne è il perno implicito. Ma prima di andare avanti fa una distinzione tra castrazione, frustrazione e privazione.
AGENTE MANCANZA D’OGGETTO OGGETTO
PADRE REALE CASTRAZIONE IMMAGINARIO
MADRE SIMBOLICA FRUSTAZIONE REALE
PADRE IMMAGINARIO PRIVAZIONE SIMBOLICO
Questa distinzione risulta essere fondamentale in quanto permette di articolare i tre tipi della mancanza d’oggetto, di individuare il registro a cui appartiene, oltre a cogliere l’agente da cui proviene tale mancanza.
Una volta operata tale distinzione è possibile poi ricollegare questi termini alle varie fasi dello sviluppo del bambino.
Per prima cosa Lacan differenzia la castrazione dalla privazione, intendendo per quest’ultima il fatto che la donna non possiede il pene, che ne è privata. Infatti, se introduciamo nel reale la nozione di privazione, è perchè il pene ha già un valore simbolico, quindi l’oggetto è già stato simbolizzato.
Quanto invece alla castrazione, essa si riferisce ad un oggetto immaginario.
A questo punto bisogna capire perché la castrazione si introduce nello sviluppo del soggetto e come esercita l’effetto regolatore della relazione genitale dell’uomo con la donna.
Per articolare tale fenomeno è opportuno che venga operata una ulteriore distinzione.
Il padre simbolico è quella figura mitologica, è il padre dell’orda primitiva a cui allude il mito freudiano dell’Edipo.
Il padre immaginario invece è il soggetto delle identificazioni del bambino, quello verso cui viene proiettata tutta l’aggressività, quindi tutta la dialettica intersoggettiva tra il padre e il bambino avviene a livello del padre immaginario.
Poi c’è il padre reale, il quale risulta difficile da comprendere per il bambino, in quanto vi è interferenza sia dei suoi fantasmi sia della necessità della relazione con il padre simbolico.
Pertanto è proprio all’incidenza del padre reale che è dovuto l’insorgere del complesso di castrazione nel soggetto. Sarà proprio l’incapacità ed il mancato intervento di questo padre reale che costituirà l’aspetto problematico per Hans.
Bisogna per un attimo tornare al ruolo che il fallo ha nello stadio preedipico, nella relazione del bambino con la madre, per capire il ruolo che il padre ha in questa relazione.
La madre è l’oggetto d’amore, quindi un oggetto simbolico in quanto tale.
Ad un certo punto però ella smette di rispondere ai richiami del bambino, diventando di colpo una madre potente in quanto è in grado di non rispondere. Sarà in seguito a tale frustrazione che la madre passerà da madre simbolica a madre reale. Allo stesso tempo gli oggetti che da lei verranno diventeranno oggetti simbolici in quanto testimoniano simbolicamente, attraverso tale dono, l’amore della madre.
A questo punto però il bambino deve capire se la sua presenza è in grado di comandare la madre, ossia se è lui a portare soddisfacimento alla madre. È qui che Lacan pone la questione, si tratta di sapere in che modo il bambino coglie ciò che egli è per la madre.
È proprio ora che il bambino scopre di non essere da solo con la madre, tra loro due c’è il fallo: è questa la scoperta della madre fallica.
Fallo
Madre Bambino
Ed è per questo che il bambino si pone nella condizione di adescare il desiderio della madre, offrendole ciò che ella immaginariamente desidera, il fallo, diventando quest’ultimo un’operazione della mancanza.
È proprio in questa prospettiva che vediamo il piccolo Hans immerso in questo gioco dell’esca, in cui il fallo riveste un ruolo preponderante nella relazione con la madre: la descrizione del caso lo evidenzia in modo lampante, Hans cerca il fallo dappertutto. Ad un certo punto però, la situazione diventa critica ed è in tale frangente che sorge il dramma di Hans. Il suo pene inizia a muoversi, sorge la pulsione ed ecco che fa l’apparizione l’angoscia.
Hans non riesce più ad occupare la posizione in cui, offrendosi come fallo alla madre, occupava precedentemente.
Adesso può colmare questa madre desiderante in altro modo, “cash” dirà Lacan, ossia con il suo pene reale.
Il problema però è che questo pene reale è un pene ridicolo, insufficiente.
È a questo punto che si ritiene necessario l’intervento del padre che con l’introduzione dell’ordine simbolico, con il regno della legge, regola tale situazione.
Il padre è colui di fronte al quale non vi è la possibilità di vincere.
L’ordine simbolico interviene proprio sul piano immaginario ristabilendo la situazione. Ad un prezzo però, che il bambino sia castrato, che sia interdetto alla madre; sarà lui, il padre, l’unico soggetto in grado di soddisfarla degnamente.
È attraverso tale processo che avviene l’instaurazione del nome del padre, la possibilità dunque di accedere ad una posizione genitale, attraverso la successiva identificazione con il padre.
Il padre di Hans è stato un padre deficitario nella misura in cui ha lasciato che il piccolo Hans risolvesse da solo la situazione servendosi dell’ausilio, di quello strumento di risoluzione del dramma che si chiama fobia.
L’ultimo fantasma è molto chiaro: l’installatore che viene glielo svita per dargliene uno più grande.
Sarà proprio questa castrazione simbolica, evidente nell’ultimo fantasma, che metterà termine alla fobia.
CONCLUSIONI
E’ nell’ottica della riorganizzazione che si impone il significante sul significato, ecco cosa Lacan evidenzia.
In Hans la fobia del cavallo è ciò che gioca questo ruolo, chiamata in causa in un momento critico dell’evoluzione di Hans.
Da quel momento il cavallo inizia a costellare il mondo esterno di segnali.
In questo senso per Hans non vi è stata altra possibilità di mediazione, vale a dire la castrazione, perdere per poi ritrovare il proprio pene.
Alla fine delle sue creazioni mitiche, Hans arriva seppur in modo atipico, a concepirsi come padre, è funzione di qualcosa, della madre e della nonna.
Ciò che non ha trovato nel padre, lo trova nella nonna.
Attraverso l’ultimo fantasma Hans assume la sorellina, Anna, per farle compiere una operazione rischiosa, le fa cavalcare il cavallo temuto.
Anna diventerà il suo io ideale, sarà allora che Hans riuscirà a frustare il cavallo, quindi a dominare la situazione.
Il sintomo fobico a questo punto non avrà più ragione di esistere.
Hans potrà dominare la potenza della madre resa già inoffensiva dall’estrazione del temperino castratore.
Dr. A. Raia
Bibliografia: